21/11- ALPINO: la nuova vita dell’alpina Alessia Pittin

21-11-2008 E’ un novembre particolare per Alessia Pittin; per la prima volta dopo 20 anni non si sta preparando all’imminente stagione agonistica. La decisione di chiudere la carriera ha decisamente cambiato la vita della venticinquenne tarvisiana, terza friulana di sempre, dopo Nadia Bonfini e Marco Tonazzi, al via della Coppa del Mondo.
– Come stai Alessia?
«Bene! Ora mi riposo un po’, faccio la donna di casa e mi diletto con lo spinning».
– E lo sci?
«Dopo l’infortunio dello scorso marzo, ho visto la neve solo una volta, quando sono andata a trovare le mie ex compagne della squadra "B". Ho provato bellissime sensazioni nello sciare solo per diletto».
– Molti sportivi, dopo aver smesso, mollano completamente, quasi nauseati.
«Ma non è certo il mio caso. Lo sci è sempre stato al centro della mia vita e allenamenti e sacrifici non mi sono mai pesati. Amo questo sport e a sciare ci andrò spesso».
– Quindi nessun contraccolpo psicologico dopo il ritiro?
«In realtà ho vissuto solo un momento difficile, lo scorso 25 ottobre, giorno del gigante di Coppa del Mondo di Soelden. Mi sono piazzata davanti alla tv due ore prima del via della gara e quando ho visto le prime discese ho realizzato che un pettorale non lo metterò mai più. Una bella angoscia…».
– Quando hai deciso che era giunto il momento di dire basta?
«E’ stato un percorso graduale. Già all’inizio della passata stagione mi ero detta che se non avessi ottenuto risultati importanti, avrei smesso. Ho ritrovato la Coppa del Mondo nello slalom di Zagabria, è vero, e le ultime gare erano andate abbastanza bene, però arrivata a metà marzo non avevo ancora deciso cosa fare. Poi ci ha pensato il destino…».
– Già, l’infortunio al ginocchio nello slalom Fis del Nevegal. Che ricordi hai di quel giorno?
«Soprattutto un dolore fisico che non avevo mai provato, un dolore insopportabile che veniva da dentro. Ho capito subito che il ginocchio si era rotto, anche se non avevo mai avuto esperienze simili in carriera».
– E il destino ti ha aiutato a scegliere?
«Sì, perché non so se altrimenti avrei avuto il coraggio di mollare, anche pensando ai tanti che mi sono stati vicini in questi anni. Ho fatto la riabilitazione regolarmente, ma dentro di me avevo già deciso che era giunto il momento di cambiare vita, anche se da più parti mi stimolavano a continuare. Così a settembre ho comunicato al Centro Sportivo Esercito la mia decisione».
– Ora che farai?
«Ovviamente l’alpina! Mi piace e poi, spero, potrò rimanere a Tarvisio».
– Giusto per non farci mancare nulla, ci sono progetti di matrimonio con Marco (Beltrame, saltatore azzurro, anche lui ritiratosi al termine della passata stagione, ndr)?
«Per il momento no, anche se stiamo assieme ormai da quattro anni e mezzo. Figli? Mi piacerebbe, certo».
– Chiusa la breve parentesi gossipara, ritorniamo allo sci. Cosa ti è mancato per fare il grande salto?
«Probabilmente la testa. Da quando sono entrata in squadra ho cominciato a pensare troppo e questo mi ha penalizzato. Stavo ore a ore a rimuginare su quanto avevo fatto e su ciò che dovevo fare. A mente fredda posso dire che sarebbe stato meglio fregarsene di più, non vivere pensando solo allo sci».
– Vent’anni sono lunghi. Se dovessi fare due nomi di chi ti ha aiutato a diventare un’ottima sciatrice?
«Due tarvisiani. Gianluca Zanitzer, grandissimo allenatore ma soprattutto persona eccezionale, e Maurizio Duennhofer, che negli ultimi anni mi ha seguito nella preparazione atletica».
– Il momento da ricordare?
«Ce ne sono due. I Campionati Italiani Aspiranti del 2000 a Tarvisio, quando vinsi tre ori e un argento. E il secondo posto in superG alle Universiadi 2007 di Torino, perché assolutamente inaspettato».
– Abbiamo finito. Ci rivediamo in pista?
«Certo che sì! E a febbraio conto di essere presente da alpina in servizio alla Coppa del Mondo di Tarvisio».

di Bruno Tavosanis, dal Gazzettino