5/10- Convegno Fisi Fvg Sauris, la relazione di Mario Fabretto

5-10-2005. Proponiamo la relazione presentata dal dottor Mario Fabretto, presidente del Collegio Maestri di Sci Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in occasione del convegno “Sport Invernali: opportunità economiche per la montagna”, organizzato sabato scorso a Sauris dal Comitato Fisi Fvg.


Gli sport della neve, al di la della loro componente agonistica, presentano un aspetto legato al mercato turistico che trova pochi uguali in altre discipline. Tuttavia, rispetto a casi simili, quali possono essere la nautica o il golf, gli sport invernali vengono ad inserirsi in un contesto socio-economico decisamente particolare. La montagna, infatti, vive da sempre una realtà in cui fortissima è la tendenza all’abbandono da parte dei giovani. La mancanza di prospettive economiche paragonabili a quelle offerte dalle città, la durezza del lavoro, le difficoltà di conseguire i titoli scolastici più alti, la scarsità degli scambi a livello culturale con realtà diverse, hanno sempre determinato un flusso migratorio dalle zone montane verso la pianura, con conseguente svuotamento di quelli che potevano e dovevano essere i principali artefici di un necessario rinnovamento generazionale.
Dopo la prima guerra mondiale, i giovani che, lasciato l’esercito, incominciarono ad insegnare lo sci a quei pochi turisti che all’epoca frequentavano durante l’inverno le vallate alpine, forse non si resero subito conto di come quel mestiere avrebbe potuto cambiare la realtà di paesi un tempo sperduti e destinati allo spopolamento. Certo è che il fiero e acuto carattere dei montanari non tardò molto ad identificare nell’insegnamento dello sci e nell’accompagnamento di clienti sulle pareti di roccia due importanti risorse economiche che, proprio per la loro peculiarità, dovevano essere attentamente coltivate e salvaguardate, proteggendole da tentativi di intromissione e snaturamento. Almeno in parte si era riusciti ad invertire il flusso: non dalla montagna, ma verso la montagna.
Nacquero i miti del maestro di sci e della guida alpina, personaggi al confine tra supereroe e selvatico, circondati, per le masse dei cittadini, da un alone di mistero e di irragiungibilità, elementi essenziali ed insostituibili del fascino di una vacanza in montagna.
Ciò che poi vi crebbe intorno tutti noi lo sappiamo. Stazioni turistiche invernali, impianti di risalita, alberghi, servizi, strade. Un giro di affari di dimensioni colossali, costruito sul desiderio di divertimento, contatto con la natura e svago.
Con il tempo la montagna invernale si è via via trasformata, dall’originario ambiente ostile, regno di lupi e maestri di sci, in un parco dei divertimenti per persone di ogni età. Anche la figura del maestro è cambiata. Un po’ alla volta si sono perse molte delle caratteristiche – positive e negative – che lo identificavano. Certamente è andata persa la consapevolezza del proprio ruolo all’interno della cultura montana. Questo per molti fattori, e di tipo diverso.
Nei casi più fortunati il maestro è diventato un imprenditore ed ora si trova a gestire non solamente il proprio lavoro personale, ma anche una pensione, un albergo, un servizio o degli impianti di risalita. Il maestro continua, anche se non con l’insegnamento diretto, a produrre con la sua attività, ricchezza per la montagna.
In altri casi, troppi, egli viene invece a collocarsi in una posizione intermedia tra il professionista ed il dipendente, con tutti i rischi del primo, ma l’atteggiamento del secondo.
Pur nella loro limitata cultura, i vecchi maestri erano ben consci che il bagaglio di esperienze, che era poi quello della società montana, rappresentava il vero capitale da investire verso il cliente. Il ruolo di contatto tra un mondo sconosciuto ed il turista che, per una settimana, talvolta due, era desideroso di abbandonare la quotidiana monotonia per vivere un frammento di avventura che il maestro poteva regalargli, magari più a parole che con i fatti.
Giustamente abbiamo voluto che il maestro di sci diventasse un professionista a tutti gli effetti, che raggiungesse e mantenesse un elevatissimo livello tecnico, ma non ci siamo resi conto che, nel frattempo, il rapporto con il cliente stava cambiando. Ci siamo trovati con maestri supertecnici incapaci di individuare le diverse esigenze ed aspettative della clientela, ma anche impreparati nei confronti dei cambiamenti in atto nel mercato e più propensi ad una chiusura piuttosto che ad una collaborazione con le altre componenti operanti nel turismo invernale.
Parallelamente, queste ultime si sono invece evolute in una direzione prettamente economica, instaurando un contatto con la clientela basato su messaggi promozionali e offerte commerciali, quasi sempre ponendosi al di sopra della società montana, piuttosto che integrandosi con essa. Così prevale chi riesce a proporre il prodotto più appariscente al prezzo più basso; nel turismo montano questo significa in generale avere la fortuna di operare su un territorio favorevole dal punto di vista climatico-orografico. L’intervento di capitali esterni alle località montane porta poi, necessariamente, a scelte strategiche che favoriscono certe aree rispetto ad altre. I centri minori devono quindi non solo vedersela con una natura meno favorevole, ma non possono nemmeno far conto su investimenti esterni.
Negli ultimi anni abbiamo riflettuto a lungo sul nuovo ruolo che i maestri di sci devono assumere nel mutato contesto del turismo invernale. I corsi di formazione per i nuovi maestri sono stati profondamente modificati ed ora si richiede non solamente un elevatissimo livello tecnico, peraltro alla portata di molti dei giovani atleti che si presentano ai test attitudinali, ma anche un buon livello di cultura generale, arricchito da elementi specifici legati alla professione. Questo perché riteniamo che il maestro possa andare nuovamente a ricoprire un posto di grande importanza nella promozione turistica e perché siamo convinti che il suo apporto possa e debba essere essenziale nella pianificazione degli interventi nel settore.
Il maestro è un punto di contatto importantissimo tra il cliente e la stazione invernale. Nel corso della lezione, durante le risalite in seggiovia, non è raro che il cliente gli confidi il proprio pensiero sui diversi servizi della località. Spesso gli chiede spiegazioni sulle scelte operate o su quelle future. Il maestro, non solamente raccoglie queste informazioni, ma svolge generalmente anche un ruolo di mediatore nei confronti di eventuali disservizi, dovendo essere ben conscio che la perdita di un cliente per la stazione implica anche la perdita di un proprio cliente. Questo per lo meno è quanto dovrebbe accadere in un contesto di reciproca collaborazione e rispetto.
Il maestro, la scuola di sci, vengono quindi a rappresentare l’espressione di un’imprenditoria locale, strettamente legata al territorio, e quindi motivo di radicazione dei giovani nel contesto montano, che si deve affiancare all’azione esterna, privata o pubblica che sia, la quale ultima non deve prevaricare l’iniziativa locale imponendo scelte e strategie. In particolare l’apporto pubblico non deve contribuire solamente con la realizzazione di nuove infrastrutture, peraltro bene accette se fatte con razionalità, ma soprattutto deve agire per permettere, quanto più possibile, la crescita autonoma dell’iniziativa locale. Questo si ottiene con il coinvolgimento, la collaborazione, l’attenzione alle esigenze di tutte le categorie e non solamente manovrando cifre su fogli di carta.
Le cosiddette professioni della montagna sono un veicolo ideale perché:
1. generano posti di lavoro autonomo, che non incidono sul bilancio pubblico;
2. operano in contesti di sempre maggiore interesse quali l’ambiente, la natura, lo sport, la salute, la cultura, la tradizione;
3. favoriscono la culturalizzazione dei giovani e lo sviluppo di capacità imprenditoriali;
4. permettono uno stretto contatto tra fornitore e fruitore del servizio, con un importante feedback diretto e non mediato;
5. coinvolgono in modo profondo gli abitanti delle località montane, in quanto ogni famiglia è una specie di socio sostenitore dell’attività.
La crescita di questi aspetti, che non può immaginarsi né immediata né tantomeno semplice, non può prescindere dal riconoscimento della loro importanza da parte della componente politica e amministrativa. Se si saprà ascoltare e dare la giusta importanza ai giovani imprenditori nelle professioni della montagna si aiuterà la maturazione di un nuovo tipo di economia; un modello da tempo auspicato dalle componenti politiche più attente agli aspetti umani e ambientalistici, più rivolto al cliente, alla qualità del servizio, all’esaltazione delle peculiarità locali piuttosto che all’omologazione attraverso la creazione di strutture fotocopia e la devastazione dell’ambiente.
Alcuni importanti passi sono stati già fatti, altri mancano. Nella stesura della legge regionale del Friuli Venezia Giulia sul turismo abbiamo fortemente voluto inserire la possibilità di coinvolgere gli Istituti Scolastici Superiori nella formazione dei maestri di sci, nella prospettiva di arrivare alla creazione di una scuola delle professioni di montagna. Le realtà del Liceo Bachmann di Tarvisio e della scuola professionale per operatore montano di Paluzza testimoniano da un lato la volontà di crescita, dall’altro, purtroppo, i ritardi e gli ostacoli derivanti da ancora troppe diffidenze nei confronti della necessità di operare un salto di qualità globale.
Sul lato della promozione, in regione viaggiamo ancora come cani sciolti. Manca il coordinamento tra le diverse categorie ed i contatti sono personali, con il risultato che la loro forza varia al mutare degli interlocutori. Abbiamo bisogno di sviluppare la capacità di operare in modo collettivo su progetti condivisi da tutti. Per fare questo servono tavoli istituzionali di progettazione, ai quali devono sedere i tecnici dei diversi settori assieme ai responsabili politici. In tanti anni non siamo nemmeno riusciti a presentarci con un degno progetto di promozione dello sci all’interno delle scuole della regione.
Le scuole di sci dovranno evolvere verso strutture multiservizi che garantiscano l’operatività durante tutto il corso dell’anno. L’inserimento al loro interno delle guide alpine, naturalistiche, di mezza montagna, e di ogni altro aspetto legato ad altre possibili attività, permetterà loro di fungere da punto di riferimento principale della stazione turistica. Qui dobbiamo superare diffidenze reciproche e comprendere l’importanza del lavorare in collaborazione. La gestione di queste strutture dovrà essere affidata alle categorie ed i loro rappresentanti inseriti negli organismi di promozione regionali e locali.
Chiediamo all’amministrazione pubblica di fare proprio onere l’attivazione dei modi opportuni per dare inizio a questo profondo cambiamento. Non è nelle potenzialità di piccole categorie riuscire nel coordinamento autonomo di un simile progetto. I politici devono rendersi conto che continuando ad escluderci al momento delle scelte perdono la possibilità di dare significato concreto, per chi vive della montagna, ad operazioni finanziarie anche ingenti e ad alimentare il senso di sfiducia, che è la maggior causa del disinteresse dei giovani nei confronti del proprio impegno a favore della collettività.

di Mario Fabretto